Il caso di Abramovich non è l’unico. Spesso la Russia è ricorsa al veleno per eliminare gli oppositori.
La notizia del sospetto avvelenamento dell’oligarca Roman Abramovich non giunge nuova dalla Russia. Ci sono molti casi, anche molto recenti, che vedono oppositori di Putin vittime di avvelenamento. Secondo gli esperti si tratta di avvelenamento «da una sostanza chimica o biologica oppure da radiazioni elettromagnetiche di qualche tipo».
L’oligarca ex patron della squadra del Chelsea insieme a due negoziatori ucraini due settimane fa ha accusato sintomi da avvelenamento. Abramovic era andato a Kiev per parlare con il presidente ucraino Zelensky e appena arrivato a Istanbul avrebbe accusato perdita della vista, eruzioni cutanee, desquamazione della pelle e forti mal di testa. Alcuni hanno ipotizzato che fosse solo un segnale data la bassa dose del veleno.
Senza andare troppo lontano nella storia ricorrendo ad episodi risalenti alla Guerra Fredda, anche nella storia recente della Russia ci sono stati episodi di avvelenamento. La probabilità che quello di cui ha sofferto Abramovic possa essere la conseguenza di avvelenamento è molto alta proprio per la lunga tradizione della Russia nell’utilizzo di questo escamotage.
I casi di avvelenamento degli oppositori
Nel 2004 il leader filo-occidentale ucraino Viktor Yushchenko venne avvelenato con la diossina. I connotati facciali del presidente furono completamente stravolti. Il presidente però riuscì a salvarsi. Yushchenko in seguito ha dichiarato di essere stato avvelenato da tre uomini che erano con lui a cena che trovarono rifugio in Russia.
Non riuscì a salvarsi invece l’ex agente dei servizi russi dell’Fsb, Alexander Litvinenko. Fu avvelenato in Gran Bretagna dove era fuggito nel 2000 per aver accusato i suoi superiori di aver ordinato l’assassinio dell’oligarca Boris Berezovsky. Sempre da Londra accusò lo stesso Putin per l’omicidio della giornalista Anna Politkovskaya. Litvinenko morì dopo una lunga agonia dopo un avvelenamento da polonio versato in un té corretto. Secondo gli inquirenti britannici il mandante fu un agente dell’Fsb, Andrey Lugovoi.
Nel 2017 il giornalista russo Vladimir Kara Murza di 35 anni del movimento dissidente Open Russia fu ricoverato in terapia intensiva e posto in stato di coma farmacologico dopo un’intossicazione dovuta a una sostanza sconosciuta.
Un altro ex agente dell’intelligence militare russa Sergei Skripal fu trovato con sua figlia Yulia su una panchina di Salisbury, in Inghilterra nel 2018. I due erano stati avvelenati con un gas nervino, il novichok. Lo stesso veleno usato dalla Russia contro l’oppositore Alexei Navalny. Il caso più recente quello di Navalny, nel 2020 perse conoscenza su un aereo. Si salvò grazie ad un atterraggio di emergenza e fu trasportato a Berlino dove guarì solo nel gennaio 2021. Navalny tornato in Russia è stato subito arrestato ed è tuttora condannato.